La grottesca vicenda di Carlo e Simone, a cui l’anagrafe del nostro comune ha rifiutato lo stato di famiglia, rivela tutta la grettezza e l’arretratezza in cui è sprofondata la nostra città. Dovendo stipulare un mutuo per l’acquisto della prima casa questa coppia si è recata presso la pubblica amministrazione per avere un documento che certificasse la loro residenza comune. Non sono certo andati a sottoscrivere un PACS, o a chiedere le pubblicazioni di matrimonio, cosa purtroppo impossibile nel nostro paese, ma semplicemente a certificare la loro coabitazione. Una questione di un quarto d’ora, una semplice pratica burocratica garantita quotidianamente a centinaia di cittadini bresciani. A loro due no: sono omosessuali e si deve chiedere a Roma come comportarsi. Trenta giorni persi inutilmente. Una chiara e netta discriminazione, che potrebbe pure configurarsi come omissione di atti d’ufficio. Ottenere un certificato di questo tipo è un diritto del cittadino e l’amministrazione non ha alcun titolo per sindacare le ragioni di tale richiesta. Ma forse le tasse pagate da Carlo e Simone hanno un colore diverso da quelle dei cittadini “normali”. Questo impasto di ignoranza e pregiudizio trova espressione nel sospetto politico insinuato dal nostro vice sindaco Rolfi che vi legge “un tentativo delle cosiddette coppie di fatto di aggirare la normativa attuale”: sicuramente un attentato ai fondamenti della Repubblica. Caro Rolfi noi omosessuali non abbiamo alcun desiderio di aggirare la legge, né abbiamo bisogno di sotterfugi: quando questo paese si deciderà a riconoscere la nostra dignità e ad applicare una volta per tutte il principio costituzionale dell’uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge entreremo finalmente a far parte a pieno diritto del popolo italiano. E sarà dalla porta principale.
Luca Trentini
Direttivo di Orlando
Comitato provinciale Arcigay di Brescia
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