LIBERATE AMINA!

Anche Arcigay Pianeta Urano Verona si unisce preoccupata a coloro che in tutto il mondo
chiedono il rilascio immediato della blogger siriana, Amina Abdallah Arraf.
Una ragazza lesbica scomoda che in questi mesi ha documentato
sul web come un regime sanguinario massacra il suo popolo.
---------------------------
Il Comunicato di Arcigay Nazionale

Arcigay unisce la sua voce a sostegno della liberazione di Amina Abdallah Arraf, blogger lesbica di Damasco, eroina della rivolta contro il regime sequestrata nella notte di lunedì da uomini armati.

Sono molti i Paesi nei quali l’omosessualità è illegale e punita, e la situazione siriana merita una particolare attenzione in considerazione della privazione dei diritti e delle libertà fondamentali che vive il Paese.

Siamo per questo a chiedere un intervento immediato da parte della diplomazia italiana e del Ministero degli Esteri volta a fare chiarezza su questa oscura vicenda e ad ottenere al più presto la liberazione di Amina.

Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay

Articolo da Repubblica

SIRIA, SEQUESTRATA LA BLOGGER AMINA. CAMPAGNA SUL WEB PER LA LIBERAZIONE
Prelevata da agenti della polizia segreta, armati e in borghese. Il suo diario online, "La ragazza gay di Damasco", era diventato fonte di informazione per molti media stranieri
mercoledì 08 giugno 2011 , da Repubblica.it

Damasco - Nella blogosfera era diventata uno dei nomi più noti della rivolta civile dei giovani siriani. Ora Amina Arraf è scomparsa, prelevata da uomini armati a Damasco e condotta in un luogo segreto. Il blog di Amina era diventato popolarissimo negli ultimi tempi, grazie agli aggiornamenti in tempo reale sulla rivolta e al tema coraggiosissimo - per una giovane donna araba - del coming out omosessuale: "A gay girl in Damascus" era infatti il titolo del blog in inglese dove Amina raccoglieva appunti privati, notizie e commenti di natura politica in un complesso di certo indigesto per le autorità siriane.

Il sequestro arriva in una fase di violenta repressione delle manifestazioni di piazza. E che la stretta sia particolarmente intensa lo testimonia il disagio di parte della classe dirigente siriana. E' clamorosa dunque la decisione dell'ambasciatrice siriana in Francia di dimettersi dall'incarico proprio in segno di protesta contro le feroce repressione scatenata in patria dal regime. Lamia Chakkour ha motivato inoltre il suo gesto con il proprio riconoscimento della "legittimità delle richieste avanzate dal popolo". L'annuncio è stato dato dalla diplomatica tramite un comunicato, diffuso dall'emittente televisiva 'France 24': "Non posso appoggiare un simile ciclo di violenza", scrive nella nota, "né ignorare che sono morti dimostranti, e che intere famiglie in Siria vivono nel dolore. Riconosco la legittimità delle richieste di maggiore democrazia e libertà da parte del popolo", è la conclusione.

Il sequestro di Amina non fa che confermare l'ingresso in una fase nuova e più dura del confronto tra il regime di Assad e il movimento. La denuncia del rapimento è stata fatta sul suo stesso blog con un post dalla cugina di Amina Arraf, più nota come Amina Abdallah, che precisa che Amina è stata fermata da tre agenti in borghese armati e costretta a entrare nella loro auto nei pressi della piazza degli Abbasidi della capitale siriana. "Amina ha colpito uno di loro e ha detto alla sua amica di andare a cerca suo padre. Uno degli uomini allora ha messo la mano sulla bocca di Amina e l'ha trascinata in una Dacia Logan rossa con un adesivo di Basel Assad (fratello del presidente Bashar al Assad, ndr) sul finestrino". In un aggiornamento sul blog, la cugina di Amina racconta di essere stata al telefono con i genitori della ragazza che non ne hanno notizie e stanno disperatamente cercando di capire dove sia stata condotta. "Purtroppo ci sono almeno di 18 diverse polizie in Siria, oltre a bande e gruppi paramilitari. Non sappiamo chi l'ha presa e dunque a chi chiedere il suo rilascio. E' anche possibile che stiano cercando di deportarla. Da altri membri della famiglia che sono stati imprigionati, possiamo supporre che verrà rilasciata presto. Se avessero voluto ucciderla lo avrebbero fatto subito. Almeno, questo è ciò che speriamo e per cui preghiamo".

Figlia di un'americana e di un siriano, Amina ha la doppia cittadinanza e ha vissuto a lungo negli Stati Uniti. Era tornata in Siria nell'estate 2010 e sul suo blog raccontava la vita di una ragazza omossessule in Siria, dove l'omossessualità è considerata un reato come in gran parte dei Paesi arabi. Nell'introduzione del su blog, un mix interessante di analisi politica e riflessioni ad alto tasso erotico, Amina Arraf disse di essersi ispirata al fatto che "Il vento del cambiamento sta soffiando sul Medio Oriente": "E' in corso una rivoluzione e tutti noi vogliamo vedere rivoluzionato ogni aspetto della nostra società, vogliamo che si ripensi non solo come gli Stati vengono governati ma anche il ruolo delle donne in queste società, il diritto all'autonomia sessuale e sì, anche il diritto a sposare chi amiamo".

Dallo scoppio delle proteste anti-regime nel marzo scorso e con la conseguente espulsione di gran parte dei giornalisti stanieri dalla Siria, il blog di Amina è diventata una delle fonti di notizie per la stampa internazionale. I suo post si erano fatti via via più diretti e aggressivi e domenica ad esempio scriveva: "Devono andarsene, devono andarsene subito. Non c'è altro da dire".

Da un mese Amina viveva nascosta, dopo aver ricevuto avvertimenti e minacce. La sua partner Sandra Bagaria, intervistata in Canada dal New York Times, ha raccontato che la Arraf "ha vissuto in quattro o cinque appartamenti in quattro o cinque diverse città" da quando due giovani si sono presentati in casa sua a Damasco qualche settimana fa. "Amina si svegliò nel mezzo della notte e vide suo padre parlare fuori di casa con due giovani di circa vent'anni. Penso che stessero solo eseguendo ordini, non sapevano cosa stessereo facendo". Quella notte gli agenti lasciarono in pace Amina, ma "da allora fummo sicure che sarebbero tornati per lei, era solo questione di tempo". Infatti tornarono, mentre lei era in un internet cafè ad aggiornare il blog. Con la Bagaria aveva in programma una vacanza a Roma, ma la donna racconta che Amina non se l'era sentita di lasciare la Siria e magari non potervi fare ritorno: "Voleva incontrare la gente, poter partecipare alle manifestazioni". Ora il web dove l'attivismo di Amina è nato sta rispondendo con una campagna massiccia per la sua liberazione. Una pagina su Facebook e l'hashtag #freeamina su Twitter sono i canali su cui a centinaia già si stanno mobilitando: "Ora la cosa più importante è che la notizia si diffonda", scrive la Bagaria. "E' la nostra unica speranza".

Commenti